La pubblicità più divertente della stagione

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Mancano meno di due giorni a Natale. Ciò significa, molto probabilmente, che sarete occupatissimi a comperare gli ultimi regali di Natale o a cucinare per tutta la famiglia. Che ne dite allora di un minutino di pausa che vi faccia anche un po’ sorridere?

Beccatevi la pubblicità più divertente della stagione!

Show Your Joe, Kmart Christmas Commercial 2013

ANCHOR DOWN!

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Vanderbilt Stadium, Nashville, TN.

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Come primo football game a cui assistere, dobbiamo proprio dire che non c’è male!
Con una partita davvero entusiasmante e sofferta la squadra di casa, i Vanderbilt Commodores, sono riusciti a strappare la vittoria per 23 a 21 ai veramente degni rivali dell’Università di Wake Forest in Nord Carolina, i Demon Deacons.

 

Fa da cornice una magnifica giornata autunnale del Tennessee: cielo azzurro, solo venato qua e là da qualche nuvola, e un piacevolissimo sole che ha tenuto al caldo i tifosi (noi compresi) ed infiammato i loro cuori.

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Veduta della tribuna ovest Vanderbilt Stadium e della tifoseria casalinga impegnata a sostenere i Dores con il gesto della mano
che con pollice, indice e medio va a formare una sorta di monogramma V-U (Vanderbilt University)

E per chi si stesse chiedendo: «Ma cosa c’entrano “ancore” e “commodori” con il Tennessee?», noi rispondiamo che “commodoro” è il soprannome dato a Cornelius Vanderbilt, fondatore dell’omonima Università, per le grandi doti di uomo d’affari nel campo delle navi a vapore, e l’ancora, metafora ovviamente ripresa dallo stesso ambito navale, simboleggia forza e solidità contro ogni avversario in ogni situazione.

Per questo ci uniamo al grido di tutti, congratulandoci con i Dores per questa importante vittoria che li rende potenziali candidati per uno dei College Football Bowl, una serie di incontri giocati tra dicembre e gennaio alla fine della stagione. Perciò:

ANCHOR DOWN!!!

Henrik Stenson sul tetto del mondo

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Jumeirah Golf Estate, Dubai.
Dopo 72 emozionanti buche si è conclusa la Race to Dubai per il 2013.

I nostri complimenti e ammirazione vanno a Henrik Stenson, che con 263 colpi totali (-25 per il torneo: 68-64-67-64) si aggiudica il primato sullo European Tour.
A nulla sono valsi gli sforzi di giocatori del calibro di Luke Donald, Lee Westwood, Justin Rose, Rory McIlroy e Ian Poulter, il quale non può che imporsi in seconda posizione con ben 6 colpi di distanza dallo Svedese.
Diamo un po’ di numeri: solo due bogey in quattro giornate (alla 18 del primo giro e alla 10 del terzo), 25 birdie e un eagle all’ultima buca della stagione.

Una prestazione entusiasmante che è il giusto coronamento di un anno formidabile per Stenson, il quale ha deciso di dividersi equamente tra tour europeo e statunitense (rispettivamente 17 e 18 presenze) ottenendo su entrambi i circuiti risultati sensazionali.
Contando solo i podii:
_ Shell Houston Open: 2°;
_ Aberdeen Asset Management Scottish Open: 3°;
_ THE 142nd OPEN CHAMPIONSHIP: 2°;
_ WGC – Bridgestone Invitational: 2°;
_ US PGA CHAMPIONSHIP: 3°;
_ Deutsche Bank Championship: 1°;
_ TOUR Championship by Coca-Cola: 1°;
_ DP WORLD TOUR CHAMPIONSHIP, DUBAI: 1°.

Ma, come il sito del PGA Tour tiene a sottolineare, Henrik Stenson diventa con oggi anche il detentore di un importantissimo record: si tratta infatti del primo giocatore ad imporsi sulla vetta dell’ordine di merito non solo in Europa, ma anche negli USA.
Con la nona posizione nella FedExCup, raggiunta dopo i 18 tornei disputati, l’accesso ai play-off dà al golfista svedese l’occasione di strappare il primo posto a Tiger Woods, altro incredibile protagonista della stagione americana con ben cinque vittorie.

Non è corretto, però, terminare con Woods.
L’unico, vero protagonista dell’intera stagione golfistica 2013 mondiale è e rimane Henrik Stenson, il nuovo numero 3 del ranking mondiale.

Un gran giorno per Nashville: CMA Awards al via con la star della Country Music Luke Bryan

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Mercoledì 6 Novembre, 6 del mattino: l’incrocio tra Broadway e la 5a strada è chiuso al traffico e al centro della Bridgeston Arena plaza c’è un palco illuminato. I CMA Awards sono stasera, e la città è già entrata nello spirito “country”.

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Tra circa mezz’ora Robin Roberts, da Good Morning America, e la star della Country Music Luke Bryan, con l’aiuto di un buon numero di “party crashers”, daranno una sonora sveglia a Broadway. Non che questa strada ne abbia bisogno, le insegne al neon sono sempre accese.

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Ore 6.30 – 8: Luke Bryan canta tre canzoni e mezza spalmate su poco più di un’ora. I fans non apprezzano gli intervalli, ma aspettano pazientemente, perché, quando Luke Bryan comincia a cantare, ti senti parte di qualcosa di speciale. Ed è proprio così! Sta succedendo proprio adesso, in questa piazza relativamente piccola, ma viene trasmesso sulla televisione nazionale.
Non è fantastico?

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Per quanto mi riguarda, colgo l’occasione di vedere come funzioni questo genere di spettacolo. L’attesa quando le telecamere sono spente e le urla quando si accendono: è come essere dietro la scena e davanti ad essa allo stesso tempo!

E che dire di Luke Bryan? Ha scaldato l’atmosfera con pochi secondi di Country Girl (Shake It For Me) (e ha decisamente fatto ondeggiare il suo famoso fondoschiena per le signore), poi ha continuato cantando Crash My Party, I Don’t Want This Night To End and That’s My Kind Of Night.

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Devo dirlo: proprio un bel modo di cominciare la mia giornata!!!

ATTENZIONE SPOILER!

Robin Roberts ha annunciato che Highway Don’t Care di Tim McGraw, insieme a Keith Urban e Taylor Swift, ha vinto il CMA Award per l’Evento Musicale dell’Anno e Video dell’Anno. Mi trovo un po’ delusa, perché credo che non sia tutto questo gran video. Cosa ne pensate?

I CMA Awards saranno trasmessi questa sera sul canale ABC alle ore 20 (ora della costa est), e io li seguirò con twittando live!

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Halloween 2013: consigli sanguinolenti per intagliare una zucca… (vietato ai minori di 1 anno)

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Halloween 2013: Nashville, TN.

Rieccoci!
Dopo quasi tre settimane di assenza, dovuta ad un intenso viaggetto a Washington, DC (seguirà un post al riguardo), ci troviamo ora a Nashville, sul punto di sperimentare il nostro primo vero HALLOWEEN americano.

Così, la prima cosa che abbiamo dovuto fare per vivere appieno tale esperienza è stata intagliare una zucca!

E allora abbiamo pensato: perché non usare le nostre foto per comporre una superveloce, last-minute guida per intagliare una zucca?

Procediamo!

1. Prima di tutto: raccogliete tutti i vostri attrezzi per intagliare una zucca (se non ne avete, potete tranquillamente usare i vostri coltelli da cucina ed un cucchiaio) e ponete la vostra zucca su un sacchetto della spazzatura o qualcosa che si possa poi gettare via o lavare.

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2. Rimuovete la parte superiore della zucca e tenetela da parte (fate attenzione, però, al cane mangia-zucca).

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3. Estraete tutto l’interno filamentoso con il cucchiaio (e forse un po’ puzzolente).

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4. Appoggiate la vostra traccia (potete disegnarla o scaricarla gratuitamente ovunque su internet) sulla parte di zucca che preferite, fissatela con nastro adesivo o tenetela ferma, e incidete il contorno attraverso la carta con qualcosa di appuntito (attenzione alle vostre dita: non volete di certo che la vostra zucca ne sgranocchi una).

                    
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5. Intagliamo la zucca! Una volta fatto, spingete all’interno i pezzi che volete rimuovere.

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6. Pulite i contorni interni del disegno per rendere la vostra zucca bella pronta per il suo gran giorno!

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7. Ammirate la vostra creazione e fatela brillare ponendo al suo interno una candela!!!

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AUGURIAMO UN ORRIDO HALLOWEEN A TUTTI!!!

Rush: Niki Lauda, James Hunt e la mia voglia di realtà

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Voglia di qualcosa di vero, reale e concreto. Voglia di storia.
Dopo un non troppo velato scetticismo nei confronti del nuovo prodotto del grande Ron Howard, posso dire con certezza che mi ha lasciato ottimamente soddisfatto.

120 minuti spaccati e mai una volta che il film vada sottotono. Un venerabile regista (ma ancora mi è difficile perdonargli quella porcheria di Angeli e demoni), due buoni attori – la coppia Brühl-Hemsworth – e una storia tragica ma avvincente, a sprazzi forse connotata troppo negativamente. Senza dimenticare poi i colpi di scena: tralasciando il fatto che solo per poche persone (me compreso) i nomi di Niki Lauda e James Hunt dicessero ben poco prima di sedersi in poltrona, proviamo per un momento ad immaginarci in quegli anni ’70 in cui è ambientata la vicenda.

La Formula 1 non era ancora – oserei dire purtroppo – un concentrato di innumerevoli regole, limitatori di potenza e velocità e squalifiche, ma quasi corse all’ultimo sangue dove i piloti rischiavano la loro vita molto più di oggi, quando ormai non ci si avvicina nemmeno a quel 20% tanto chiamato in causa da Lauda (Daniel Brühl).
In questo quadro si inserisce l’infaticabile lotta per il primo posto del podio tra i due fenomenali piloti, che ebbe come conseguenza il tragico incidente di Niki Lauda, avvenuto il 1° Agosto del 1976 al Nürburgring, il pericolosissimo circuito che quell’anno ospitava il Gran Premio di Germania: per più di un minuto Lauda fu prigioniero delle fiamme nell’abitacolo della monoposto, che lo lasciarono gravemente sfigurato ed in pericolo di vita per altri quattro giorni.

Qualcuno potrebbe forse dire che si tratta di pochi e banali argomenti (due nemici-amici, una lotta per il primato e così via), ma, secondo me, perfettamente impressi sulla pellicola.
Non escludo che questo mio giudizio estremamente positivo provenga anche da un altro importante fattore: una riscoperta voglia di realtà, verità e storia.
Tra i miei amici sono giocosamente famoso per essere il classico amante di blockbuster da milioni di dollari, della serie basta-che-il-film-sia-pieno-di-effetti-speciali. Alla Tranformers, per intenderci.
Ho avuto per una sera, però, il piacere di riassaporare la sensazione di non usare due ore della mia vita solo per svago, ma anche – e soprattutto – per arricchire la mia conoscenza di un pezzo di storia che altrimenti, da persona per nulla appassionata di Formula 1, sarebbe rimasto nell’ombra.

Nomi, date, incontri, momenti, fotografie, persino le tragedie raccontate: tutto vero. Magari leggermente romanzato, drammatizzato o esasperato, ma pur sempre tutto vero!

By Anefo / Croes, R.C. / neg. stroken, 1945-1989, 2.24.01.05, item number 928-0061 [CC-BY-SA-3.0-nl (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/nl/deed.en)], via Wikimedia Commons
Niki Lauda (secondo – Ferrari), James Hunt (vincitore – Hesketh), Clay Regazzoni (terzo – Ferrari)
sul podio del Gran Premio di Olanda nel 1975.

Agents of S.H.I.E.L.D., The Goldbergs e Trophy Wife: un occhio critico alle nuove serie di ABC

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Una delle cose che amo di più dell’autunno è il periodo delle première televisive: nuove serie, ancora fresche dell’inchiostro degli sceneggiatori, che si affannano per guadagnarsi la fiducia del loro pubblico. La mia opinione su molte di queste serie era già decisa alla fine dei vari episodi pilota, ma ho deciso di dare loro il beneficio del dubbio e aspettare per vedere quali altri assi avessero nelle maniche.

Essendo un’amante di serie TV, è necessario per me scegliere cosa meriti di essere seguito e cosa non è degno dello stesso privilegio. Ecco dunque le mie prime recensioni di tre novità firmate ABC.

Marvel’s Agents of S.H.I.E.L.D. è senza dubbio un inizio pieno di energia. Questa serie è tutta azione e puro intrattenimento. Phil Coulson, rappresentato dall’attore americano Clark Gregg, è magnetico e ha un sorriso contagioso di cui non ci si può non innamorare. Anche il resto del cast non è niente male, ma la serie non rientra nel mio genere. A volte sembra di guardare un mix tra Fringe e Heroes, con un pizzico di HomelandC.S.I. Inoltre, la scena finale dell’episodio pilota mi ricorda moltissimo Ritorno al futuro (Back to the Future). L’elemento migliore di questa serie è indubbiamente la rete di crossover di Marvel Cinematic Universe.
Detto questo, Agents of S.H.I.E.L.D. ha un pubblico piuttosto mirato: vedremo se si rivelerà come il suo punto di forza o la sua debolezza.

                                                              

The Golbergs è probabilmente la serie più deludente di quest’autunno.
Nonostante in teoria sembrasse una buona idea, nei fatti The Goldbergs non è altro che un’altra commedia famigliare. E piuttosto mediocre, oserei dire: un padre chiassoso e una madre indiscreta (che si intromette) con la classica figlia adolescente ed un perfetto idiota come figlio. Nemmeno gli altri due personaggi, il figlio minore e il nonno Pop, sono veramente originali. La serie non è altro che un déjà-vu, solo con colori più vivaci ed un’atmosfera anni ’80.
Sicuramente non regge il confronto con Modern Family e non riesce a sfruttare il fattore anacronistico a suo vantaggio, come l’ormai datato That ’70s Show.
Allora… perché guardarlo?

                                  

Sarebbe probabilmente l’unico motivo per cui terrei la tv sintonizzata su ABC durante The GoldbergsTrophy Wife non è la migliore serie in circolazione, ma sicuramente fa ridere. Nonostante la sceneggiatura sia ancora lontana dal livello di Modern Family (vincitrice di Emmy e Golden Globe e mio standard per le sitcom americane), i personaggi principali sono ben caratterizzati.
Il secondo episodio mi ha colpito molto di più. Non sopporto però la recitazione un po’ troppo patetica di Bailee Madison (già vista nel ruolo di giovane Biancaneve in C’era una volta – Once Upon a Time), nella quale non riesco proprio a vedere tutto questo talento.
Al contrario, Malin Åkerman è semplicemente FANTASTICA!!!
Un’ultima cosa: non lasciatevi scoraggiare dal titolo in apparenza negativo. Lee Eisenberg, produttore esecutivo della serie, ha spiegato: «Abbiamo sempre inteso il titolo in senso ironico».

                                        

Che dire di Lucky 7? Credo che ormai non abbia più senso parlarne: è stato uno dei primi show ad essere stroncato. Giustamente, ritengo: i personaggi erano piatti, senza alcun appeal. Ma non ci ho messo molto a capire il vero problema: Lucky 7 era basato su una serie britannica.
Ora, una delle regole sacre della televisione è: se una serie tv ha un origine britannica, allora deve essere guardata nella sua versione originale. Garantisco, dopo non sarete più in grado di guardare un remake. La versione statunitense sopravvive raramente. Lucky 7 ne è la prova.

Hart of Dixie 3×01 – Who Says You Can’t Go Home

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‘I brought bagels!’

Questa serie è fantastica: calorosa, felice, solare e con il meraviglioso accento degli Stati Uniti meridionali. Come può non piacere?

Ho adorato ogni minuto della prima serie, ma la seconda è stata piuttosto deludente: Zoe e George si sono instupiditi e il cliché del trangolo amoroso ha perso tutto il suo fascino, almeno per me. Ma dato che tutti gli altri elementi sono sempre rimasti presenti, ho continuato a guardala. Inoltre, Annabeth Nass si è rivelata un’ottima aggiunta e Lemon Breeland mi ha conquistato: il suo sviluppo narrativo è stato così positivo da farla diventare uno dei miei personaggi televisivi preferiti di tutti i tempi.

Attenzione: spoiler!

Dal momento che la prima puntata di una serie TV crea l’atmosfera per tutto ciò che seguirà, ho riversato moltissime aspettative in HD 3×01. E ho fatto bene. A dire il vero, all’inizio sono rimasta un po’ sorpresa dal nuovo Joel, interpretato da Josh Cooke. Mi spiace dirlo ma questo attore mi da i brividi, forse perché l’ho visto in Dexter, e proprio non mi piace questo punta newyorchese nel bel mezzo di quest’Alabama da sogno. Sono anche entrata un po’ in panico non vedendo Kaitlyn Black, ossia Annabeth, ma ho tirato un sospiro di sollievo quando ho scoperto che è diventata parte del cast principale per la terza stagione.

Sono ancora incerta su cosa aspettarmi da Zoe o da George e spero che questa volta Tansy se ne stia da parte. Per quanto riguarda Jaime King, penso proprio che le sarà concesso molto spazio e che, incrociamo le dita, buona parte di questo sarà condiviso con Wade.
A chi non piacerebbe un po’ di Lemonade in un clima così estivo?

‘Lemon Breeland, you are certifiably insane. You need a 12-step program for shenanigans addicts. But I appreciate the thought, all right?’