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Rush: Niki Lauda, James Hunt e la mia voglia di realtà

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Voglia di qualcosa di vero, reale e concreto. Voglia di storia.
Dopo un non troppo velato scetticismo nei confronti del nuovo prodotto del grande Ron Howard, posso dire con certezza che mi ha lasciato ottimamente soddisfatto.

120 minuti spaccati e mai una volta che il film vada sottotono. Un venerabile regista (ma ancora mi è difficile perdonargli quella porcheria di Angeli e demoni), due buoni attori – la coppia Brühl-Hemsworth – e una storia tragica ma avvincente, a sprazzi forse connotata troppo negativamente. Senza dimenticare poi i colpi di scena: tralasciando il fatto che solo per poche persone (me compreso) i nomi di Niki Lauda e James Hunt dicessero ben poco prima di sedersi in poltrona, proviamo per un momento ad immaginarci in quegli anni ’70 in cui è ambientata la vicenda.

La Formula 1 non era ancora – oserei dire purtroppo – un concentrato di innumerevoli regole, limitatori di potenza e velocità e squalifiche, ma quasi corse all’ultimo sangue dove i piloti rischiavano la loro vita molto più di oggi, quando ormai non ci si avvicina nemmeno a quel 20% tanto chiamato in causa da Lauda (Daniel Brühl).
In questo quadro si inserisce l’infaticabile lotta per il primo posto del podio tra i due fenomenali piloti, che ebbe come conseguenza il tragico incidente di Niki Lauda, avvenuto il 1° Agosto del 1976 al Nürburgring, il pericolosissimo circuito che quell’anno ospitava il Gran Premio di Germania: per più di un minuto Lauda fu prigioniero delle fiamme nell’abitacolo della monoposto, che lo lasciarono gravemente sfigurato ed in pericolo di vita per altri quattro giorni.

Qualcuno potrebbe forse dire che si tratta di pochi e banali argomenti (due nemici-amici, una lotta per il primato e così via), ma, secondo me, perfettamente impressi sulla pellicola.
Non escludo che questo mio giudizio estremamente positivo provenga anche da un altro importante fattore: una riscoperta voglia di realtà, verità e storia.
Tra i miei amici sono giocosamente famoso per essere il classico amante di blockbuster da milioni di dollari, della serie basta-che-il-film-sia-pieno-di-effetti-speciali. Alla Tranformers, per intenderci.
Ho avuto per una sera, però, il piacere di riassaporare la sensazione di non usare due ore della mia vita solo per svago, ma anche – e soprattutto – per arricchire la mia conoscenza di un pezzo di storia che altrimenti, da persona per nulla appassionata di Formula 1, sarebbe rimasto nell’ombra.

Nomi, date, incontri, momenti, fotografie, persino le tragedie raccontate: tutto vero. Magari leggermente romanzato, drammatizzato o esasperato, ma pur sempre tutto vero!

By Anefo / Croes, R.C. / neg. stroken, 1945-1989, 2.24.01.05, item number 928-0061 [CC-BY-SA-3.0-nl (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/nl/deed.en)], via Wikimedia Commons
Niki Lauda (secondo – Ferrari), James Hunt (vincitore – Hesketh), Clay Regazzoni (terzo – Ferrari)
sul podio del Gran Premio di Olanda nel 1975.

Agents of S.H.I.E.L.D., The Goldbergs e Trophy Wife: un occhio critico alle nuove serie di ABC

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Una delle cose che amo di più dell’autunno è il periodo delle première televisive: nuove serie, ancora fresche dell’inchiostro degli sceneggiatori, che si affannano per guadagnarsi la fiducia del loro pubblico. La mia opinione su molte di queste serie era già decisa alla fine dei vari episodi pilota, ma ho deciso di dare loro il beneficio del dubbio e aspettare per vedere quali altri assi avessero nelle maniche.

Essendo un’amante di serie TV, è necessario per me scegliere cosa meriti di essere seguito e cosa non è degno dello stesso privilegio. Ecco dunque le mie prime recensioni di tre novità firmate ABC.

Marvel’s Agents of S.H.I.E.L.D. è senza dubbio un inizio pieno di energia. Questa serie è tutta azione e puro intrattenimento. Phil Coulson, rappresentato dall’attore americano Clark Gregg, è magnetico e ha un sorriso contagioso di cui non ci si può non innamorare. Anche il resto del cast non è niente male, ma la serie non rientra nel mio genere. A volte sembra di guardare un mix tra Fringe e Heroes, con un pizzico di HomelandC.S.I. Inoltre, la scena finale dell’episodio pilota mi ricorda moltissimo Ritorno al futuro (Back to the Future). L’elemento migliore di questa serie è indubbiamente la rete di crossover di Marvel Cinematic Universe.
Detto questo, Agents of S.H.I.E.L.D. ha un pubblico piuttosto mirato: vedremo se si rivelerà come il suo punto di forza o la sua debolezza.

                                                              

The Golbergs è probabilmente la serie più deludente di quest’autunno.
Nonostante in teoria sembrasse una buona idea, nei fatti The Goldbergs non è altro che un’altra commedia famigliare. E piuttosto mediocre, oserei dire: un padre chiassoso e una madre indiscreta (che si intromette) con la classica figlia adolescente ed un perfetto idiota come figlio. Nemmeno gli altri due personaggi, il figlio minore e il nonno Pop, sono veramente originali. La serie non è altro che un déjà-vu, solo con colori più vivaci ed un’atmosfera anni ’80.
Sicuramente non regge il confronto con Modern Family e non riesce a sfruttare il fattore anacronistico a suo vantaggio, come l’ormai datato That ’70s Show.
Allora… perché guardarlo?

                                  

Sarebbe probabilmente l’unico motivo per cui terrei la tv sintonizzata su ABC durante The GoldbergsTrophy Wife non è la migliore serie in circolazione, ma sicuramente fa ridere. Nonostante la sceneggiatura sia ancora lontana dal livello di Modern Family (vincitrice di Emmy e Golden Globe e mio standard per le sitcom americane), i personaggi principali sono ben caratterizzati.
Il secondo episodio mi ha colpito molto di più. Non sopporto però la recitazione un po’ troppo patetica di Bailee Madison (già vista nel ruolo di giovane Biancaneve in C’era una volta – Once Upon a Time), nella quale non riesco proprio a vedere tutto questo talento.
Al contrario, Malin Åkerman è semplicemente FANTASTICA!!!
Un’ultima cosa: non lasciatevi scoraggiare dal titolo in apparenza negativo. Lee Eisenberg, produttore esecutivo della serie, ha spiegato: «Abbiamo sempre inteso il titolo in senso ironico».

                                        

Che dire di Lucky 7? Credo che ormai non abbia più senso parlarne: è stato uno dei primi show ad essere stroncato. Giustamente, ritengo: i personaggi erano piatti, senza alcun appeal. Ma non ci ho messo molto a capire il vero problema: Lucky 7 era basato su una serie britannica.
Ora, una delle regole sacre della televisione è: se una serie tv ha un origine britannica, allora deve essere guardata nella sua versione originale. Garantisco, dopo non sarete più in grado di guardare un remake. La versione statunitense sopravvive raramente. Lucky 7 ne è la prova.

Hart of Dixie 3×01 – Who Says You Can’t Go Home

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‘I brought bagels!’

Questa serie è fantastica: calorosa, felice, solare e con il meraviglioso accento degli Stati Uniti meridionali. Come può non piacere?

Ho adorato ogni minuto della prima serie, ma la seconda è stata piuttosto deludente: Zoe e George si sono instupiditi e il cliché del trangolo amoroso ha perso tutto il suo fascino, almeno per me. Ma dato che tutti gli altri elementi sono sempre rimasti presenti, ho continuato a guardala. Inoltre, Annabeth Nass si è rivelata un’ottima aggiunta e Lemon Breeland mi ha conquistato: il suo sviluppo narrativo è stato così positivo da farla diventare uno dei miei personaggi televisivi preferiti di tutti i tempi.

Attenzione: spoiler!

Dal momento che la prima puntata di una serie TV crea l’atmosfera per tutto ciò che seguirà, ho riversato moltissime aspettative in HD 3×01. E ho fatto bene. A dire il vero, all’inizio sono rimasta un po’ sorpresa dal nuovo Joel, interpretato da Josh Cooke. Mi spiace dirlo ma questo attore mi da i brividi, forse perché l’ho visto in Dexter, e proprio non mi piace questo punta newyorchese nel bel mezzo di quest’Alabama da sogno. Sono anche entrata un po’ in panico non vedendo Kaitlyn Black, ossia Annabeth, ma ho tirato un sospiro di sollievo quando ho scoperto che è diventata parte del cast principale per la terza stagione.

Sono ancora incerta su cosa aspettarmi da Zoe o da George e spero che questa volta Tansy se ne stia da parte. Per quanto riguarda Jaime King, penso proprio che le sarà concesso molto spazio e che, incrociamo le dita, buona parte di questo sarà condiviso con Wade.
A chi non piacerebbe un po’ di Lemonade in un clima così estivo?

‘Lemon Breeland, you are certifiably insane. You need a 12-step program for shenanigans addicts. But I appreciate the thought, all right?’